«Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famíglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere»
Giovanni Falcone
Il giorno 04/04/2022, all’uscita da scuola, la classe 3D si è recata in piazza del Duomo a Pistoia, dove è stata esposta la macchina che ospitava tre agenti di scorta di uno dei magistrati del Maxiprocesso alla mafia del 1992, Giovanni Falcone. Si tratta della prima delle tre auto coinvolte nella strage di Capaci. Quello che resta della vettura si trova adesso in una grossa teca di vetro. L’auto appare totalmente distrutta, le singole parti sono a stento riconoscibili (le ruote e il volante fuori dalle loro posizioni, i fili e i cavi strappati, i sedili divelti). A causa dell’alta temperatura e dell’impatto, tutte le cose che erano presenti all’interno e all’esterno della vettura andarono fuori posto, furono distrutte e smantellate. L’auto stessa fu sbalzata lontano, in un uliveto. Non sembra nemmeno più una macchina, ma solo un ammasso di ferraglia.
A noi alunni della 3D la visione dell’automobile ha fatto venire la pelle d’oca, perché il pensiero che dentro ad essa si trovassero delle persone ci fa rabbrividire e ci fa veramente comprendere di cosa può essere capace la mafia.
La strage di Capaci fu un attentato di stampo mafioso-terroristico compiuto il 23 maggio 1992 da “Cosa Nostra” a seguito della sentenza della Corte di Cassazione che aveva confermato gli ergastoli e le altre pene detentive per gli imputati del Maxiprocesso di Palermo. Il magistrato Giovanni Falcone e la moglie stavano percorrendo, con la scorta, il tratto autostradale Trapani-Palermo quando, alle 17.58, avvenne l’esplosione.
La prima auto blindata del corteo, quella che è stata esposta in Piazza del Duomo come un monumento alla memoria, venne investita in pieno dall’esplosione: rimasero uccisi sul colpo gli agenti della Polizia di Stato Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. La seconda auto, la Croma bianca guidata da Giovanni Falcone, con a bordo la moglie, Francesca Morvillo, e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza, si schiantò contro il muro di asfalto e detriti generato dall’esplosione. Il magistrato e la moglie morirono in ospedale per le gravissime lesioni riportate.
Gli agenti della Polizia di Stato Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo, che viaggiavano a bordo della terza auto, la Croma azzurra, e Giuseppe Costanza, rimasero gravemente feriti insieme ad altre ventitré persone. Per causare l’esplosione furono usati più di 500 chili di tritolo.
A cura degli studenti Elisa Zotta, Alessia Vitolo, Cristian Tucci